Il mondo di Naruto
16/03/2023
La discendente di un ninja parla di “Naruto”! Ecco i punti da lei descritti come “realistici”!
A cura di: Mitsuhiro Saito
A mio parere, una delle cose più belle di “Naruto” sono i ninjutsu. Che si tratti della tecnica della moltiplicazione superiore del corpo, del Chidori o del Rasengan, è innegabile che siano loro a rendere ogni battaglia così eccitante.
A proposito, leggendo “Naruto”, vi è mai capitato di pensare:
A mio parere, una delle cose più belle di “Naruto” sono i ninjutsu. Che si tratti della tecnica della moltiplicazione superiore del corpo, del Chidori o del Rasengan, è innegabile che siano loro a rendere ogni battaglia così eccitante.
A proposito, leggendo “Naruto”, vi è mai capitato di pensare:
“Ma i ninja facevano davvero queste cose?”
Sappiamo che i ninja sono storicamente esistiti in Giappone. E ovviamente sappiamo che non erano in grado di usare lo Sharingan o la tecnica della resurrezione impura…ma vi siete mai chiesti come fosse la vita di un ninja e quali ninjutsu usassero?
Volendo saperne di più, ho deciso d’intervistare Hibari, altresì conosciuta come “Real Ninja”, discendente di un clan di ninja ed erede della scuola “Iga Omi Hattori”.
Sappiamo che i ninja sono storicamente esistiti in Giappone. E ovviamente sappiamo che non erano in grado di usare lo Sharingan o la tecnica della resurrezione impura…ma vi siete mai chiesti come fosse la vita di un ninja e quali ninjutsu usassero?
Volendo saperne di più, ho deciso d’intervistare Hibari, altresì conosciuta come “Real Ninja”, discendente di un clan di ninja ed erede della scuola “Iga Omi Hattori”.
Hibari: ninja ufficiale della scuola Iga Omi Hattori, apparsa in numerosi programmi tra cui “Kinniku Banzuke” (TBS), dopo il quale è diventata nota come “La transgender più forte del mondo”. Attualmente lavora come presidente dell’azienda ninja Ayatachi, e istruttrice di “Ninja Action” per lo studio Tsubasa Kichi.
Come vivevano i veri ninja? Quali ninjutsu usavano?
In qualità di vero ninja, cosa ne pensi del modo in cui vengono rappresentati in “Naruto”?
Queste sono alcune delle domande che le ho posto.
Credevo non mi avrebbe preso sul serio, invece ha risposto senza esitazione. È stata gentilissima!
Come vivevano i veri ninja? Quali ninjutsu usavano?
In qualità di vero ninja, cosa ne pensi del modo in cui vengono rappresentati in “Naruto”?
Queste sono alcune delle domande che le ho posto.
Credevo non mi avrebbe preso sul serio, invece ha risposto senza esitazione. È stata gentilissima!
Cos’è davvero un ninja?
Saito: (guarda quel vestito! Incredibile!) dunque, per cominciare… sei davvero un ninja?
Hibari: sì. Per la precisione, sono la venticinquesima discendente di Hattori Masanari, conosciuto dai più come Hattori Hanzo. La mia famiglia proviene da Omi (attualmente nella prefettura di Nagano) ed è nota come “Omi Hattori Ayatachino Subeno Tsutae” ma, essendo un nome difficile da pronunciare, ci facciamo chiamare "Iga Omi Hattori".
Saito: ah, capisco! Devo confessarti che, a vedere quel vestito, non si direbbe. Non sembra un abito da ninja…
Hibari: ti spiegherò il perché di questo vestito più tardi.
Saito: va bene. Dunque, la prossima domanda è… potresti parlarmi dei ninja?
Che non si comportassero come le loro controparti in “Naruto” è abbastanza ovvio, ma che dire dell’archetipo di ninja? La figura vestita completamente di nero che si aggira furtiva nella notte abbattendo i suoi nemici uno ad uno a suon di shuriken? Quanto di quello stereotipo corrisponde alla realtà? Cos’è davvero un ninja? Sono davvero esistiti?
Hibari: per rispondere alla tua ultima domanda: sì, i ninja sono davvero esistiti, ma erano molto diversi da come vengono rappresentati nell’immaginario collettivo e – ovviamente – in “Naruto”.
Detto ciò, bisogna spiegare quale fosse il compito dei ninja. I ninja venivano usati dai daimyo e da chi era al potere per raccogliere informazioni sui nemici, sabotarli, coglierli di sorpresa, depistarli e persino ucciderli. Anche se al giorno d’oggi ci si riferisce a loro come “ninja”, ci sono varie teorie secondo cui ogni figura aveva un nome diverso a seconda della funzione svolta. Vediamone alcuni.
・Ranpa, Ayatachi: addetti alle operazioni di sabotaggio e imboscate sul campo di battaglia;
・Suppa, Misukashi: addetti al depistaggio, specializzati in operazioni sotto copertura dietro le linee nemiche;
・Toppa, Tsukisashi: addetti ai sopralluoghi pre-sabotaggio;
・Kamari: addetti alla raccolta informazioni e indagini;
・Dakko: addetti alla propaganda pro-fazioni alleate.
Saito: wow! A pensarci bene, è superficiale chiamarli tutti “ninja” quando avevano così tanti incarichi da svolgere! Erano ben organizzati.
Hibari: esatto. In origine, poi, i ninja erano noti come “Shinobimono” (o Shinobi), ovvero “Persone che usano i ninjutsu”. Questo perché con il termine ninjutsu s’indicavano le tecniche atte a intrufolarsi (in giapponese “shinobikomu”) in territorio nemico. Con il passare del tempo, però, si è presa l’abitudine di chiamarli “ninja”, una lettura alternativa di Shinobimono.
Hibari: sì. Per la precisione, sono la venticinquesima discendente di Hattori Masanari, conosciuto dai più come Hattori Hanzo. La mia famiglia proviene da Omi (attualmente nella prefettura di Nagano) ed è nota come “Omi Hattori Ayatachino Subeno Tsutae” ma, essendo un nome difficile da pronunciare, ci facciamo chiamare "Iga Omi Hattori".
Saito: ah, capisco! Devo confessarti che, a vedere quel vestito, non si direbbe. Non sembra un abito da ninja…
Hibari: ti spiegherò il perché di questo vestito più tardi.
Saito: va bene. Dunque, la prossima domanda è… potresti parlarmi dei ninja?
Che non si comportassero come le loro controparti in “Naruto” è abbastanza ovvio, ma che dire dell’archetipo di ninja? La figura vestita completamente di nero che si aggira furtiva nella notte abbattendo i suoi nemici uno ad uno a suon di shuriken? Quanto di quello stereotipo corrisponde alla realtà? Cos’è davvero un ninja? Sono davvero esistiti?
Hibari: per rispondere alla tua ultima domanda: sì, i ninja sono davvero esistiti, ma erano molto diversi da come vengono rappresentati nell’immaginario collettivo e – ovviamente – in “Naruto”.
Detto ciò, bisogna spiegare quale fosse il compito dei ninja. I ninja venivano usati dai daimyo e da chi era al potere per raccogliere informazioni sui nemici, sabotarli, coglierli di sorpresa, depistarli e persino ucciderli. Anche se al giorno d’oggi ci si riferisce a loro come “ninja”, ci sono varie teorie secondo cui ogni figura aveva un nome diverso a seconda della funzione svolta. Vediamone alcuni.
・Ranpa, Ayatachi: addetti alle operazioni di sabotaggio e imboscate sul campo di battaglia;
・Suppa, Misukashi: addetti al depistaggio, specializzati in operazioni sotto copertura dietro le linee nemiche;
・Toppa, Tsukisashi: addetti ai sopralluoghi pre-sabotaggio;
・Kamari: addetti alla raccolta informazioni e indagini;
・Dakko: addetti alla propaganda pro-fazioni alleate.
Saito: wow! A pensarci bene, è superficiale chiamarli tutti “ninja” quando avevano così tanti incarichi da svolgere! Erano ben organizzati.
Hibari: esatto. In origine, poi, i ninja erano noti come “Shinobimono” (o Shinobi), ovvero “Persone che usano i ninjutsu”. Questo perché con il termine ninjutsu s’indicavano le tecniche atte a intrufolarsi (in giapponese “shinobikomu”) in territorio nemico. Con il passare del tempo, però, si è presa l’abitudine di chiamarli “ninja”, una lettura alternativa di Shinobimono.
I ninjutsu vengono insegnati solo al primogenito
Saito: come hai imparato i ninjutsu? I ninja di “Naruto” vengono mandati all’Accademia Ninja… ma nella realtà?
Hibari: nella mia famiglia, i ninjutsu vengono insegnati solo al primogenito. Ricordo che mio padre mi faceva fare pratica nel soggiorno di casa mia. Niente accademie né dojo, quindi.
Saito: in salotto? Davvero? Riesco quasi a immaginarlo… a proposito, quanto è faticoso l’addestramento?
Saito: in salotto? Davvero? Riesco quasi a immaginarlo… a proposito, quanto è faticoso l’addestramento?
Hibari: più che faticoso, lo detestavo. Dopotutto, il mio sogno non era quello di diventare un ninja, ma una donna. (ride)
*Hibari è un membro della comunità LGBTQIA+ che lavora al bar “Kamari” a Shinjuku Ni-Chome. È nota come “la transgender più forte del mondo”.
Hibari: l’idea di far del male agli altri non mi apparteneva. Un giorno, però, mio fratello maggiore ebbe un incidente a causa del quale non fu più in grado di allenarsi. Così, fui costretta a prendere il suo posto.
Saito: questo perché il ninjutsu dev’essere tramandato all’interno della famiglia, giusto? Dev’essere stata dura…
Hibari: ad ogni modo, il ninjutsu della mia famiglia morirà con me, perché non avrò eredi. Per questo ho deciso di diventare insegnante: per mostrarlo agli altri e far sì che sopravviva in qualità di “Ninja Action”.
*Hibari è un membro della comunità LGBTQIA+ che lavora al bar “Kamari” a Shinjuku Ni-Chome. È nota come “la transgender più forte del mondo”.
Hibari: l’idea di far del male agli altri non mi apparteneva. Un giorno, però, mio fratello maggiore ebbe un incidente a causa del quale non fu più in grado di allenarsi. Così, fui costretta a prendere il suo posto.
Saito: questo perché il ninjutsu dev’essere tramandato all’interno della famiglia, giusto? Dev’essere stata dura…
Hibari: ad ogni modo, il ninjutsu della mia famiglia morirà con me, perché non avrò eredi. Per questo ho deciso di diventare insegnante: per mostrarlo agli altri e far sì che sopravviva in qualità di “Ninja Action”.
I “sigilli” servono a concentrarsi e a incanalare la forza dei Kami
Saito: a proposito, cosa puoi dirmi dei ninjutsu? In Naruto, per esempio, i personaggi usano le dita per comporre dei sigilli, grazie ai quali effettuano i vari ninjutsu. Nella vita vera, invece?
Hibari: sì, esistono per davvero! Ora te li faccio vedere.
Hibari: A! Ki! Sa! Ta! Ka! Ha! Wa! Ya! E!
Saito: di grande effetto! Ma… non servono veramente ad effettuare dei ninjutsu, no?
Hibari: no, no. Il loro scopo è quello di favorire la concentrazione. Per dirti, io li eseguo ogni mattina.
Saito: quelli utilizzati in "Naruto", invece, rappresentano i dodici animali dello zodiaco cinese. Mi è parso poi di capire che esistono anche altri sigilli, “Rin”, “Pyo”, “To”, “Sha”, “Kai”, “Jin”, “Retsu”, “Zai” e “Zen”, che non compaiono nell’opera. Tu non usi nessuno di questi, vero?
Hibari: “Rin”, “Pyo”, “To”, “Sha”, “Kai”, “Jin”, “Retsu”, “Zai” e “Zen” vengono usati nel Buddhismo esoterico e nello Shugendo. Quelli usati dalla mia famiglia sono “A”, “Ki”, “Sa”, “Ta”, “Ka”, “Ha”, “Wa”, “Ya” e “E”.
Saito: “A”, “Ki”, “Sa”, “Ta”, “Ka”, “Ha”, “Wa”, “Ya” e “E”… qual è il loro significato?
Hibari: sono strettamente collegati al concetto di “Kotodama”, secondo cui nomi e parole racchiudono in sé dei poteri magici. Per fare un esempio pratico, secondo questo concetto parole come “bello” e “meraviglioso” sono cariche di energia positiva, che riceverai enunciandole.
Saito: credo di capire…
Hibari: nello specifico, nella mia famiglia crediamo che a essere intrise di potere siano non solo le parole, ma anche le sillabe. Tra queste, quelle più forti sono “A”, “Ki”, “Sa”, “Ta”, “Ka”, “Ha”, “Wa”, “Ya” e “E”. In esse risiede la forza dei Kami, che incanaliamo in noi attraverso la loro enunciazione.
Saito: un po’ come un rituale, insomma.
Hibari: no, no. Il loro scopo è quello di favorire la concentrazione. Per dirti, io li eseguo ogni mattina.
Saito: quelli utilizzati in "Naruto", invece, rappresentano i dodici animali dello zodiaco cinese. Mi è parso poi di capire che esistono anche altri sigilli, “Rin”, “Pyo”, “To”, “Sha”, “Kai”, “Jin”, “Retsu”, “Zai” e “Zen”, che non compaiono nell’opera. Tu non usi nessuno di questi, vero?
Hibari: “Rin”, “Pyo”, “To”, “Sha”, “Kai”, “Jin”, “Retsu”, “Zai” e “Zen” vengono usati nel Buddhismo esoterico e nello Shugendo. Quelli usati dalla mia famiglia sono “A”, “Ki”, “Sa”, “Ta”, “Ka”, “Ha”, “Wa”, “Ya” e “E”.
Saito: “A”, “Ki”, “Sa”, “Ta”, “Ka”, “Ha”, “Wa”, “Ya” e “E”… qual è il loro significato?
Hibari: sono strettamente collegati al concetto di “Kotodama”, secondo cui nomi e parole racchiudono in sé dei poteri magici. Per fare un esempio pratico, secondo questo concetto parole come “bello” e “meraviglioso” sono cariche di energia positiva, che riceverai enunciandole.
Saito: credo di capire…
Hibari: nello specifico, nella mia famiglia crediamo che a essere intrise di potere siano non solo le parole, ma anche le sillabe. Tra queste, quelle più forti sono “A”, “Ki”, “Sa”, “Ta”, “Ka”, “Ha”, “Wa”, “Ya” e “E”. In esse risiede la forza dei Kami, che incanaliamo in noi attraverso la loro enunciazione.
Saito: un po’ come un rituale, insomma.
La “tecnica della moltiplicazione superiore del corpo”: tra fantasia e realtà
Saito: in “Naruto”, i ninja usano la “moltiplicazione del corpo” per creare delle copie di sé. Fare questo nella realtà è, ovviamente, impossibile… ma il ninjutsu prevede delle tecniche atte a ricreare un effetto simile?
Hibari: guarda che la tecnica della moltiplicazione superiore del corpo esiste veramente.
Saito: eh!? Sei seria!?
Hibari: sì. Detto questo, non è una magia grazie a cui si moltiplica letteralmente il proprio corpo, ma serve a dare l’impressione che la stessa persona appaia in più posti in rapida successione. Questa tecnica veniva usata in guerra per esercitare una pressione psicologica sul nemico, o per favorire la ritirata. Veniva anche usata per effettuare dei furti, per far sì che eventuali testimoni non fossero in grado di dare una descrizione precisa del ladro.
Saito: eh!? Sei seria!?
Hibari: sì. Detto questo, non è una magia grazie a cui si moltiplica letteralmente il proprio corpo, ma serve a dare l’impressione che la stessa persona appaia in più posti in rapida successione. Questa tecnica veniva usata in guerra per esercitare una pressione psicologica sul nemico, o per favorire la ritirata. Veniva anche usata per effettuare dei furti, per far sì che eventuali testimoni non fossero in grado di dare una descrizione precisa del ladro.
Saito: quindi serviva davvero a confondere i nemici, proprio come in “Naruto”, ma non si poteva effettuare da soli… E cosa puoi dirmi dell’ “arte del fuoco”? I ninja erano davvero in grado di sputare fuoco?
Hibari: certo, esiste. Dopotutto, da dove credi derivi quel particolare kanji di “arte”?
Saito: ehm, a dire il vero non saprei. È una parola d’uso comune, ma non mi sono mai soffermato sulla sua etimologia…
Hibari: deriva dalla parola “fuggire”. In altre parole, l’ “arte del fuoco” è l’ “arte di usare il fuoco per sorprendere il nemico e fuggire”.
Saito: sembra effettivamente una cosa da ninja. Ma come facevano esattamente a sputare fuoco?
Hibari: usavano un preparato chiamato “Mogusa” e dei carboni ardenti, che trasportavano in un contenitore cilindrico apposito. Si pensa venisse soffiato in direzione del nemico e che producesse scintille per accecarlo.
Saito: ecco perché si dice sapessero sputare fuoco!
Hibari: esatto. La realtà storica è stata poi esagerata prima da Naruto, poi dalle opere che si sono ispirate ad esso.
Saito: ehm, a dire il vero non saprei. È una parola d’uso comune, ma non mi sono mai soffermato sulla sua etimologia…
Hibari: deriva dalla parola “fuggire”. In altre parole, l’ “arte del fuoco” è l’ “arte di usare il fuoco per sorprendere il nemico e fuggire”.
Saito: sembra effettivamente una cosa da ninja. Ma come facevano esattamente a sputare fuoco?
Hibari: usavano un preparato chiamato “Mogusa” e dei carboni ardenti, che trasportavano in un contenitore cilindrico apposito. Si pensa venisse soffiato in direzione del nemico e che producesse scintille per accecarlo.
Saito: ecco perché si dice sapessero sputare fuoco!
Hibari: esatto. La realtà storica è stata poi esagerata prima da Naruto, poi dalle opere che si sono ispirate ad esso.
Saito: e l’arte dell’acqua, invece?
In “Naruto” la si usa per creare draghi d’acqua e banchi di nebbia ma, in un’ottica in cui essa viene usata per “fuggire” dai nemici, allora… ha a che fare con lo stereotipo secondo cui i ninja usano le canne di bambù per respirare sott’acqua?
Hibari: ti dirò, io una volta ci ho provato, a respirare con una canna sott’acqua.
Saito: davvero? E…?
Hibari: è infattibile, alla lunga anneghi e basta. Quello stereotipo è opera di fantasia.
Saito: non ci credo!
Hibari: il mento comincia a farti male, e, visto che lo spazio tra le labbra e la canna non è sigillato, cominci a ingoiare acqua. Con un attrezzo più simile ad un boccaglio probabilmente il risultato sarebbe stato diverso, ma con una canna di bambù è impossibile.
Hibari: ti dirò, io una volta ci ho provato, a respirare con una canna sott’acqua.
Saito: davvero? E…?
Hibari: è infattibile, alla lunga anneghi e basta. Quello stereotipo è opera di fantasia.
Saito: non ci credo!
Hibari: il mento comincia a farti male, e, visto che lo spazio tra le labbra e la canna non è sigillato, cominci a ingoiare acqua. Con un attrezzo più simile ad un boccaglio probabilmente il risultato sarebbe stato diverso, ma con una canna di bambù è impossibile.
Real Ninja e gli abiti di Naruto Uzumaki: “sono realistici”
Abbiamo deciso di continuare l’intervista presso lo studio “Tsubasa Kichi”, dove Hibari lavora come istruttrice di “Ninja Action”. Qui, abbiamo potuto vedere gli attrezzi che usa un ninja e il modo in cui si veste.
Saito: ah, vedo che ti sei cambiata!
Hibari: questi sono gli abiti tradizionali dei ninja… o meglio, questo è quello che mi piacerebbe dirti! In verità, sono identici ai “Noragi”, l’abito da lavoro tipico dei contadini. I ninja li usavano per mimetizzarsi tra i comuni cittadini, per poi indossare un cappuccio quando le circostanze lo richiedevano. (Ndr: esistono varie teorie al riguardo)
Saito: “mimetizzarsi tra i comuni cittadini”, eh…? In quest’ottica, vestirsi da contadino sembra una scelta azzeccata.
Hibari: lo è! Far usare ai ninja abiti di ogni giorno permette loro di passare inosservati. A tal proposito, ricordi che prima ti eri sorpreso dei miei vestiti? Beh, quelli sono gli abiti che indosso ogni giorno, quelli che uso per mimetizzarmi. Dopotutto, anche i ninja devono adeguarsi ai tempi che cambiano!
Saito: ah, vedo che ti sei cambiata!
Hibari: questi sono gli abiti tradizionali dei ninja… o meglio, questo è quello che mi piacerebbe dirti! In verità, sono identici ai “Noragi”, l’abito da lavoro tipico dei contadini. I ninja li usavano per mimetizzarsi tra i comuni cittadini, per poi indossare un cappuccio quando le circostanze lo richiedevano. (Ndr: esistono varie teorie al riguardo)
Saito: “mimetizzarsi tra i comuni cittadini”, eh…? In quest’ottica, vestirsi da contadino sembra una scelta azzeccata.
Hibari: lo è! Far usare ai ninja abiti di ogni giorno permette loro di passare inosservati. A tal proposito, ricordi che prima ti eri sorpreso dei miei vestiti? Beh, quelli sono gli abiti che indosso ogni giorno, quelli che uso per mimetizzarmi. Dopotutto, anche i ninja devono adeguarsi ai tempi che cambiano!
Saito: addirittura! Non sembravano vestiti degni di un “Real Ninja”, e invece…
Hibari: anche Naruto Uzumaki indossa sempre una felpa arancione, no? E non solo lui, ma anche i suoi amici: tutti indossano abiti normali. Ricordo che vedendolo ho pensato “Wow! Davvero realistico!”.
Hibari: anche Naruto Uzumaki indossa sempre una felpa arancione, no? E non solo lui, ma anche i suoi amici: tutti indossano abiti normali. Ricordo che vedendolo ho pensato “Wow! Davvero realistico!”.
Saito: pensa tu! Non avrei mai detto che gli abiti dei personaggi di “Naruto” fossero appropriati…
Gli shuriken: un’arma celata nel palmo della mano
Saito: fammi indovinare: questo è uno shuriken!
Hibari: per la precisione, è uno “shuriken a quattro punte”. L’immaginario collettivo vuole che i ninja li lancino… peccato che non fosse quello il loro utilizzo.
Saito: cosa? Sei seria?
Hibari: altroché! Basta leggere i kanji per capirlo. “Lama”, “celare”, “mano”: quindi, una lama da celare nella mano.
Hibari: per la precisione, è uno “shuriken a quattro punte”. L’immaginario collettivo vuole che i ninja li lancino… peccato che non fosse quello il loro utilizzo.
Saito: cosa? Sei seria?
Hibari: altroché! Basta leggere i kanji per capirlo. “Lama”, “celare”, “mano”: quindi, una lama da celare nella mano.
Hibari: lo s’impugna così, e si usa la lama per colpire i punti vitali del nemico, come occhi e orecchie.
Saito: uhm… potresti farmi una dimostrazione pratica?
Hibari: certo! Facciamo finta che tu sia un aggressore. Ecco, prendi questo coltello finto e fingi di attaccarmi.
Saito: uhm… potresti farmi una dimostrazione pratica?
Hibari: certo! Facciamo finta che tu sia un aggressore. Ecco, prendi questo coltello finto e fingi di attaccarmi.
1: l’aggressore cerca di colpire il ninja al volto;
2: il ninja sfrutta la mano libera per deflettere il colpo verso l’esterno;
2: il ninja sfrutta la mano libera per deflettere il colpo verso l’esterno;
3: il ninja afferra la mano armata dell’aggressore e fa leva sul polso;
4: l’aggressore viene disarmato (l’arma è visibile in basso al centro);
5: il ninja torce in senso opposto il polso dell’aggressore;
6: mantenendo saldamente la presa sul polso, il ninja afferra il gomito dell’aggressore con l’altra mano e lo solleva;
.7: il ninja usa lo shuriken per colpire l’ascella dell’aggressore, un punto non protetto dall’armatura;
8: il ninja colpisce la guancia dell’aggressore;
9: mantenendo ben salda la presa sul braccio dell’aggressore, il ninja usa lo shuriken per colpire la nuca;
10: il ninja proietta l’aggressore in avanti;
11: dopo averlo immobilizzato, il ninja interroga l’aggressore: “chi ti manda?”
12: se non risponde, il ninja recide la carotide dell’aggressore.
Saito: ma… cosa… urgh…
Incredibile! Mi hai ucciso in un nanosecondo!
Hibari: …e questo è il modo in cui si usavano gli shuriken.
Saito: bella spiegazione, grazie! Quindi, non li lanciavano in nessun caso?
Hibari: beh, un caso c’era: quando dovevano scappare. Però, appunto, si trattava di una misura estrema, visto che usarli per colpire un bersaglio è molto difficile.
Saito: davvero? Eppure, in tutti i film che ho visto i ninja lo fanno sembrare così facile…
Hibari: ah, credo che questo luogo comune nasca dal fatto che, proprio perché difficili da usare, si allenavano tantissimo.
Incredibile! Mi hai ucciso in un nanosecondo!
Hibari: …e questo è il modo in cui si usavano gli shuriken.
Saito: bella spiegazione, grazie! Quindi, non li lanciavano in nessun caso?
Hibari: beh, un caso c’era: quando dovevano scappare. Però, appunto, si trattava di una misura estrema, visto che usarli per colpire un bersaglio è molto difficile.
Saito: davvero? Eppure, in tutti i film che ho visto i ninja lo fanno sembrare così facile…
Hibari: ah, credo che questo luogo comune nasca dal fatto che, proprio perché difficili da usare, si allenavano tantissimo.
Da oggetti d’uso comune ad attrezzi ninja
Saito: poco fa abbiamo parlato dello shuriken a quattro punte, ma che mi dici delle altre armi?
Hibari: i tre oggetti a forma di spiedo che vedi si chiamano “Bo shuriken”. Sono shuriken concepiti come arma a distanza: al momento di lanciarli si applica un peso sulla punta per bilanciarli. Il peso di questi è in nastro vinilico ma, in passato, si usava la pelle animale.
Saito: quello in basso a destra, invece, è un kunai, giusto?
Hibari: proprio così. Sembra un coltello a doppio filo, eppure è stato concepito come attrezzo d’uso comune, che può essere usato in svariati modi.
Hibari: i tre oggetti a forma di spiedo che vedi si chiamano “Bo shuriken”. Sono shuriken concepiti come arma a distanza: al momento di lanciarli si applica un peso sulla punta per bilanciarli. Il peso di questi è in nastro vinilico ma, in passato, si usava la pelle animale.
Saito: quello in basso a destra, invece, è un kunai, giusto?
Hibari: proprio così. Sembra un coltello a doppio filo, eppure è stato concepito come attrezzo d’uso comune, che può essere usato in svariati modi.
Saito: a sinistra, invece, cos’abbiamo? Sembra… un kunai attaccato a una corda?
Hibari: sì. Questa combinazione veniva usata per prendere la frutta dagli alberi senza arrampicarvisi. Tutto ciò che il ninja doveva fare era far passare la corda attraverso l’anello sito sul manico del kunai, farlo roteare come se fosse un lazo, lanciarlo contro il bersaglio e… il pranzo è servito, senza alcuno sforzo! Che poi, è anche il significato letterali dei kanji che compongono la parola “kunai”. (Ndr: alcune teorie riconducono l’etimologia della parola “kunai” ai kanji di “uccidere senza sforzo”)
Saito: un oggetto per la vita di ogni giorno, insomma.
Hibari: è esattamente quello il punto. Tieni a mente che l’ultima cosa che doveva fare un ninja era attirare l’attenzione, e questo si rifletteva anche sulle loro armi: non oggetti creati appositamente per loro, bensì oggetti d’uso comune, usati dalle persone normali.
Saito: quindi, anche gli shuriken che mi hai mostrato prima erano usati dalle persone normali?
Hibari: sì. Questa combinazione veniva usata per prendere la frutta dagli alberi senza arrampicarvisi. Tutto ciò che il ninja doveva fare era far passare la corda attraverso l’anello sito sul manico del kunai, farlo roteare come se fosse un lazo, lanciarlo contro il bersaglio e… il pranzo è servito, senza alcuno sforzo! Che poi, è anche il significato letterali dei kanji che compongono la parola “kunai”. (Ndr: alcune teorie riconducono l’etimologia della parola “kunai” ai kanji di “uccidere senza sforzo”)
Saito: un oggetto per la vita di ogni giorno, insomma.
Hibari: è esattamente quello il punto. Tieni a mente che l’ultima cosa che doveva fare un ninja era attirare l’attenzione, e questo si rifletteva anche sulle loro armi: non oggetti creati appositamente per loro, bensì oggetti d’uso comune, usati dalle persone normali.
Saito: quindi, anche gli shuriken che mi hai mostrato prima erano usati dalle persone normali?
Hibari: sì e no. Gli shuriken sono fatti per somigliare a certi oggetti di natura religiosa. Per esempio, i Bo shuriken somigliano ad un “Dokko”, quella specie di bastone giallo che vedi, mentre gli shuriken tradizionali sono fatti per somigliare ad un “Katsuma”, l’oggetto a forma di croce. Dokko e Katsuma erano oggetti comuni tra i Buddhisti.
Saito: quindi è così che riuscivano a mantenere la loro copertura anche quando fermati da qualcuno…
Hibari: esatto. Tralaltro, pur non avendo parti taglienti, il Dokko si poteva usare come arma, proprio come uno shuriken.
Saito: una sorta di tirapugni, insomma. Ha senso: a guardarlo sembra bello pesante…
Saito: quindi è così che riuscivano a mantenere la loro copertura anche quando fermati da qualcuno…
Hibari: esatto. Tralaltro, pur non avendo parti taglienti, il Dokko si poteva usare come arma, proprio come uno shuriken.
Saito: una sorta di tirapugni, insomma. Ha senso: a guardarlo sembra bello pesante…
Una recensione di “Naruto” da parte di Real Ninja
Saito: che dire, grazie delle spiegazioni. Scoprire che i ninja sono molto diversi non solo da come vengono rappresentati in “Naruto” ma anche nell’immaginario collettivo è stata un’esperienza istruttiva.
Hibari: ne sono lieta. In qualità di ambasciatrice ninja, è mio dovere smentire gli stereotipi che circolano in giro.
Saito: al tempo stesso, dalla nostra discussione mi è parso di capire che, per essere un’ambasciatrice ninja, hai una buona impressione di “Naruto”. Come mai?
Hibari: leggendo “Naruto”, mi sono resa conto che il loro mondo è diviso in paesi – cinque, se non sbaglio – e che ognuno di essi ha un villaggio segreto… in un certo senso, sembra proprio il nostro mondo.
Saito: hai ragione. È quasi come se fosse un universo parallelo!
Hibari: “universo parallelo” è proprio il termine giusto. Pagina dopo pagina, mi sono resa conto che, se esistesse un mondo dei ninja, sarebbe molto simile a quello di “Naruto”. Al tempo stesso, sarebbe stranissimo pensare a come sarebbe il Giappone odierno in un mondo così.
Hibari: ne sono lieta. In qualità di ambasciatrice ninja, è mio dovere smentire gli stereotipi che circolano in giro.
Saito: al tempo stesso, dalla nostra discussione mi è parso di capire che, per essere un’ambasciatrice ninja, hai una buona impressione di “Naruto”. Come mai?
Hibari: leggendo “Naruto”, mi sono resa conto che il loro mondo è diviso in paesi – cinque, se non sbaglio – e che ognuno di essi ha un villaggio segreto… in un certo senso, sembra proprio il nostro mondo.
Saito: hai ragione. È quasi come se fosse un universo parallelo!
Hibari: “universo parallelo” è proprio il termine giusto. Pagina dopo pagina, mi sono resa conto che, se esistesse un mondo dei ninja, sarebbe molto simile a quello di “Naruto”. Al tempo stesso, sarebbe stranissimo pensare a come sarebbe il Giappone odierno in un mondo così.
Saito: pensa tu! In effetti, avevi già detto di ritenere i vestiti di Naruto Uzumaki realistici…
Hibari: c’è anche dell’altro. Per esempio, in “Naruto” i ninja sono divisi in gradi, giusto? Hai i Genin, i Jonin, e così via…
Saito: esatto. All’inizio Naruto diventa un Genin, ma il suo sogno è quello di diventare Hokage.
Hibari: si pensa che anche nella realtà i ninja fossero divisi in Genin e Jonin. Il compito di questi ultimi, però, non era quello di lavorare sul campo, bensì di stare al fianco dei regnanti e supervisionare l’attività degli altri ninja. Inoltre, la presenza, al tempo, di un rigido sistema a caste faceva sì che non esistesse possibilità di promozione. Nascere in una famiglia di Genin voleva dire restare Genin a vita, a prescindere dai tuoi risultati. Certo, la storia c’insegna che le ribellioni esistono, perciò è plausibile pensare che ci fossero delle eccezioni…
Saito: davvero? Il mondo è sempre pieno d’ingiustizie…
Hibari: da buon shonen manga, però, il messaggio di “Naruto” è “se ti rimbocchi le maniche, tutto è possibile”… e questa è una cosa che apprezzo tantissimo.
Saito: se a dirlo è un “Real Ninja”, noi fan di “Naruto” non possiamo che esserne lusingati. Grazie per l’intervista!
Hibari: c’è anche dell’altro. Per esempio, in “Naruto” i ninja sono divisi in gradi, giusto? Hai i Genin, i Jonin, e così via…
Saito: esatto. All’inizio Naruto diventa un Genin, ma il suo sogno è quello di diventare Hokage.
Hibari: si pensa che anche nella realtà i ninja fossero divisi in Genin e Jonin. Il compito di questi ultimi, però, non era quello di lavorare sul campo, bensì di stare al fianco dei regnanti e supervisionare l’attività degli altri ninja. Inoltre, la presenza, al tempo, di un rigido sistema a caste faceva sì che non esistesse possibilità di promozione. Nascere in una famiglia di Genin voleva dire restare Genin a vita, a prescindere dai tuoi risultati. Certo, la storia c’insegna che le ribellioni esistono, perciò è plausibile pensare che ci fossero delle eccezioni…
Saito: davvero? Il mondo è sempre pieno d’ingiustizie…
Hibari: da buon shonen manga, però, il messaggio di “Naruto” è “se ti rimbocchi le maniche, tutto è possibile”… e questa è una cosa che apprezzo tantissimo.
Saito: se a dirlo è un “Real Ninja”, noi fan di “Naruto” non possiamo che esserne lusingati. Grazie per l’intervista!
Con la collaborazione di: Tsubasa Kichi
Indirizzo: Tokyo, Itabashi, Mukaihara 2-10-7
Tel: 03-6789-0015
Intervista di: Mitsuhiro Saito
Riprese di: Nanako Ono
Indirizzo: Tokyo, Itabashi, Mukaihara 2-10-7
Tel: 03-6789-0015
Intervista di: Mitsuhiro Saito
Riprese di: Nanako Ono